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Astrati al forum della Leopolda: la stampa 3D dell’imaging medicale.

Flayer Nuvia-Astrati 2017 R.1 06-09

Una mattina di qualche mese fa suona il telefono:

  1. Pronto Astrati.

  2. Salve, sono Paolo Trifiletti, ho aperto una start up che si occupa di telemedicina e volevo chiedervi se stampate in 3D avendo come file sorgente una TAC.

  3. Bisogna fare qualche lavoro di conversione e pulizia delle immagini ma sì.

Questa telefonata rimane poi senza un proseguo per diverso tempo, noi ci occupiamo d’altro ma il medicale è un argomento che ci interessa molto.

Il primo lavoro di Astrati è stato la progettazione tridimensionale e la prototipazione di un device medicale per un medico chirurgo e l’azienda ligure Endomed.


Il lavoro era stato molto entusiasmante e divertente sia perché abbiamo apportato, sotto la guida del primario,  delle vere innovazioni al prodotto già esistente sia perché è uno strumento che serve per operare le emorroidi e, come tutte le cose escatologiche, producono ilarità e leggerezza (se non si è il paziente, naturalmente). Il massimo di battute sceme è stato raggiunto quando sono state fatte le prove di tenuta delle guarnizioni per l’insufflazione della CO2.

Successivamente siamo stati contattati da un chirurgo estetico per usare la scansione tridimensionale per monitorare le malformazioni dello sterno in età pediatrica senza l’uso delle TAC.

A luglio su linkedin mi compare un messaggio di Paolo Trifiletti che mi chiede un appuntamento per approfondire quella prima telefonata esplorativa di qualche tempo prima.

da tac

Iniziamo a pianificare i primi lavori in campo veterinario e ci troviamo a lavorare su crani di volpini e scheletri di cagnolini.

Nel frattempo sono in contatto con l’Architetta Zunino e veniamo invitati ad esporre alla Leopolda il 29 e 30 settembre a Firenze.

  1. Non si tratta solo di stampare in 3D le TAC, cosa importante soprattutto per le pianificazioni chirurgiche, ma di creare un nuovo workflow tra  medico, paziente e settore tecnologico.

  2. Cioè?

Mi chiede la Zunino via Whatsup.

  1. Il medico può attraverso un software decidere insieme al progettista quali parti dell’immagine diagnostica modificare per metterle in primo piano e poter cosí analizzare o presentare meglio la parte interessata o le parti interessate.

  2. Quindi non si tratta solo di stampare un osso?

  3. No, ci teniamo a precisare che è un processo in cui il medico avrà a disposizione prima ancora del modello stampato tridimensionale un modello virtuale tridimensionale e condiviso che può consultare e condividere o modificare con facili applicazioni così che il progettista possa da remoto modificare il file che poi verrà stampato e recapitato al medico  nella tua healthy-box!.


Healthy-box?

  1. Nuvia, l’azienda in partnership con Astrati su questo progetto, si occupa di telemedicina e della gestione delle immagini diagnostiche. Non a caso Trifiletti (il CEO di Nuvia) ci ha contattato: l’associazione radiologi americana ha evidenziato come il 3D printing sia la nuova frontiera dell’immagine diagnostica.

  2. Ma esistono già molti modelli in commercio di parti anatomiche.

  3. Certo, ma noi non vogliamo vedere e toccare un cuore qualunque ma quel cuore, così come la TAC o la lastra non è l’immagine di un cuore qualunque. La stampa 3D è utile soprattutto dove ci sono malformazioni molto evidenti e specifiche oppure per avere chiaro la topografia dei vari elementi. Quindi non un singolo osso ma una mappa di ossa, muscoli, vasi e tessuti.

  4. E quali sono le categorie di medici maggiormente coinvolte?

  5. Attualmente il 44% del fatturato del 3D printing medicale è assorbito dagli ortopedici. Il ramo dentale è talmente sviluppato che fa mercato a sé e ha costretto le case produttrici di stampanti 3D di addentrarsi nella certificazione dei materiali e delle macchine. Sono molto interessati i chirurghi in genere, in particolare i maxillofacciali, i chirurghi vascolari, i ginecologi e tutti coloro che si occupano di malformazioni congenite.

  6. Un’altro aspetto estremamente interessante è la comunicazione con il paziente.

  7. Assolutamente sì, un paziente che capisca le difficoltà e la particolarità di un intervento è un paziente meglio informato sui rischi e le complicazioni che ci possono essere.

leopolda 2017

Ci vediamo a Firenze il 29 e 30 settembre presso il nostro stand, sezione futuro.

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